martedì, ottobre 10, 2006



L’enigma della vita e della morte si ripropone nel valore
simbolico della tomba: nella morte, attraverso il sarcofago,
si preserva la vita.

"Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha nell’urna ..."
( Ugo Foscolo: "I sepolcri")

La morte salvaguarda la vita , quella vera, la affettiva, la
trascendente!
Nel disegno di una giovane paziente CAR. la vita è uno spazio
bianco, completamente vuoto; la morte, un ambito ricco di
personaggi, di prospettive, di emozioni, di luci e di ombre che
arricchiscono i vissuti. Paradossalmente il demente Alzheimer
si trasfigura nella realizzazione simbolica della tomba.
La chiusura al mondo acquista il senso di ricerca assoluta di
quei vissuti amorosi, quegli accudimenti, quelle gioie che hanno
riempito la vita passata, i vissuti e le esperienze.
La perdita della memoria accompagna questa riflessione su
se stessi, impedendo che l’esperienza vada a turbare una
immaginaria simbiosi tra il soggetto e l’oggetto amato.
Il supremo atto d’amore conduce inesorabilmente alla
distruzione del soggetto, all’annichilimento della volontà,
del desiderio, del pensiero, della presa di coscienza:
l’oggetto d’amore introiettato si è trasformato in Super-Io
cannibalico.
La giovane CAR. per liberarsi da questo persecutore interno,
già oggetto d’amore, non aveva altra via che quella di relegarlo
nella "memoria del cimitero". In questa dimensione, l’ Io
continua la sua lotta impari spostando drammaticamente fuori
di sè gli oggetti d’amore che va formando: non può più amare
in una dimensione paritetica e di valorizzazione scambievole;
l’amore si trasforma in atto riparativo: una rinuncia di sè per
aiutare gli altri.
Nell’Alzheimer, il soggetto diventa la tomba, recettacolo
dell’oggetto d’amore (che così difeso non può più morire)
degenerato e quindi cannibalico; la memoria viene introiettata
e blocca ogni forza dell’ Io, distrugge ogni volontà di vivere:
non posso "vedere", nè sentire, nè pensare, nè amare!

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
(Salvatore Quasimodo: "Ed è subito sera")

ci parlano della solitudine e della poca importanza della vita che,
appena accesa, già sprofonda nell’oscurità. Il senso dell’eseguità
del tempo che ci è destinato per vivere contrasta con l’immensità
atemporale della notte: il giorno è un "baleno", mentre la notte
perdura nel tempo.
Anche nell’Alzheimer la morte tragica, nascosta dalla maschera
immobile della amimesia, sembra quasi la trasfigurazione di
un mondo nascosto ed inconoscibile, preludio di una vita che
non può essere più corrotta dalle esperienze.