sabato, agosto 25, 2007

MESTRE CITTÀ MILITARE
Un territorio pieno di divieti.
Con l'istituzione delle servitù attorno ai forti il campo trincerato poteva considerarsi funzionante. La militarizzazione del territorio comportava altre conseguenze oltre l'imposizione delle servitù. Ad esempio il Prefetto di Venezia ricordava ai cittadini con un manifesto "il divieto in diverse località (...) di introdursi, transitare, soffermarsi, approdare, od ormeggiare galleggianti, eseguire fotografie, o rilievi di qualsiasi specie. Nel 1910 il sindaco di Zelarino venne informato dall'Ufficio fortificazioni che, addirittura, tutto il comune era sottoposto a vincolo in quanto "zona militarmente importante". Di conseguenza era informato che "non si possono compiere nuovi lavori stradali, ferroviari, minerari, idraulici, né modificazioni a quelli esistenti, senza aver ottenuto il preventivo nulla osta militare". Il sindaco, ironicamente, chiese lumi in questo modo: "Poichè è da ritenersi che non tutto il territorio di questo comune sia stato dichiarato zona militare sarei grato alla Sv di comunicarmi quale parte precisamente di essa sia ritenuta tale".Oltre ai divieti di cui sopra, ci furono moltissime altre situazioni in cui la vita nelle campagne si intersecava con le prerogative militari. Spesso anche l'abbattimento di un platano o la costruzione di un piccolo ponte su un fosso doveva avere il nulla osta militare e ciò costringeva i contadini a rapporti burocratici con le amministarzioni civili e militari. C'erano poi le conseguenze dovute alle manovre e ai danni subiti per le prove di tiro dai forti. Nel 1912, ad esempio, 17 furono le domande di indennizzo presentate dal sindaco di Zelarino al Comando della direzione di artiglieria per i danni subiti nelle campagne a causa delle prove di tiro dal forte Mezzacapo. Anche i campanili delle chiese erano militarizzati: venivano utilizzati per le comunicazioni tra i forti mediante segnalazioni con lampade e bandiere, e servivano per il puntamento delle artiglierie. Altre limitazioni ai contadini derivarono durante il primo conflitto mondiale dal fatto di essere all'interno di un campo trincerato a ridoso delle zone di guerrra. Fu vietato ad esempio allevare colombi, per paura che potessero portare messaggi al nemico. I parroci furono invitati dal sindaco a far conoscere il divieto durante la messa. Inoltre, poichè il trasporto militare era garantito anche dalla trazione animale e dal carriaggio, l'esercito faceva censire tutti gli animali da tiro e i carri esistenti nei comuni. L'elenco veniva inviato dal sindaco al Comando del VI Corpo d'Armata, Ufficio precettazione quadrupedi di Bologna. La cosa non era gradita dai contadini che dovevano privarsi degli strumenti di lavoro per esigenze militari ed erano costretti a comunicare ogni variazione di proprietà, l'eventuale morte dell'animale o la perdita di un carro, nonché a pratiche burocratiche irritanti. Ad esempio a Zelarino il fattore della nobile Teresa Pigazzi, dopo la vendita di un cavallo dovette comunicare al sindaco il nome dell'animale, la statura, l'età, le caratteristiche del mantello e i segni particolari che aveva. Si pensi ad una simile incombenza per i contadini analfabeti. A queste prescrizioni essi cercavano di sfuggire evitando il censimento e cercando di non avere rapporti con la burocrazia. A questa schermaglia con le istituzioni, che volevano gli animali a disposizione per fini militari, i contadini erano usi da secoli e sapevano in qualche modo destreggiarsi. Nel 1922 l'ufficio precettazione di Bologna scrive al sindaco di Zelarino che "gli è sorto il dubbio" che qualcosa non vada nel suo comune. Scrive che "non apprirebbe verosimile che, DA PIU' DI DUE ANNI, in cotesto Comune alcun puledro abbia raggiunto l'età di due anni e che alcun cavallo o mulo sia stato acquistato o venduto da abitanti di altri paesi".