venerdì, novembre 17, 2006

scene

Scena I

Bologna. Fine anni ’70, forse. Anni di piombo. Rivolte studentesche. Scena in dettaglio: l’aula è gremita di studenti, seduti. Luci dal fondo. Volti in penombra. In primo piano si muove quello che si direbbe un docente. Pare un reduce del ’68. Porta degli occhiali; due cerchi neri di corno e dietro, uno sguardo accigliato. I capelli bianchi, in disordine. In una mano stringe un megafono incollato alle labbra, nell’altra regge un foglio. Il sessantottino fissa il foglio e riversa nel megafono i segni che vi legge:
TRASVERSALISMO PANICO!

NOMADISMO SCHIZOIDE! (gli trema un ciuffo);
DITTATURA DEL SIGNIFICATO!
PROLETARIATO IN PRECARIZZAZIONE! (tutti ascoltano);
TEMPO LIBERATO DAL LAVORO!
TEMPORALITA’ PROLETARIA SOTTRATTIVA!
SOTTRAZIONE SOCIALE GENERALIZZATA! (uno studente sullo sfondo mastica qualcosa);
MANIFESTAZIONE NON VIOLENTA!
DIFESA CON ARMI LEGGERE!

CREATIVISMO ISTERICO! (enfatizza l’ultima parola con un gesto di rabbia stizzosa);

NEO DADAISMO! (idem);

POETICA SENSALIRONICA! (pure in questo caso);
DETERRITORIALIZZAZIONE! (stavolta vibra tutto);

RITERRITORIALIZZAZIONE! (impazzisce);

SOGGETTIVISMO ISTERICO! (sembra tornare in sé);

FEMMINILIZZAZIONE GENERALIZZATA! (sì, si è calmato);
SOVVERSIONE CREATIVA! (il tono della voce è diventato quasi bonario);

RIMOZIONE DEL SOGGETTO! (qui è quasi patetico)
LA FELICITA’ E’ SOVVERSIVA QUANDO SI COLLETTIVIZZA…
La platea esplode in grida e applausi. Lui china la testa. Diventa piccolo piccolo mentre la camera si allontana.


Scena II

Siamo all’interno del DAMS. Uno dei protagonisti, quello coi baffi, si accinge a salire le scale interne. Si guarda intorno furtivo, cercando segnali. Grida, chiede se c’è qualcuno, si guarda ancora intorno ed intanto sale. Non un rumore, non una voce, solo i suoi passi. Finché, dietro l’angolo, proprio mentre grida per l’ennesima volta, qualcuno appare. E’ seduto davanti una finestra, chiusa. La mano a pugno gli nasconde la bocca. La piccola stanza è vuota. Parte del suo volto è illuminato dalla luce proveniente dall’esterno. Il resto del corpo è in ombra. Sposta la mano e si capisce che tiene una mela già mordicchiata. Dice: “Ci sono io, che mastico e medito nell’ombra”. La voce è grave e sicura. Quello che succede poi, è quello di cui non so parlare.

Scena III



Questa scena non esiste.